Cosa rappresenta il carcere per i detenuti?
Per chi è al suo interno, il carcere rappresenta un vero e proprio
un fermo immagine, i giorni passano, ma si vive solo di ricordi e
di speranza che un giorno si possa tornare alla libertà.
Il trattamento è un pilastro dell'ordinamento penitenziario, che
evoca un processo che va dalla devianza alla risocializzazione;
questo percorso, però, spesso si basa sul pentimento, con un
calcolo tra costi e benefici da parte dell'individuo che lo mette in
pratica.
All'interno della Costituzione Italiana l'art. 27 comma 3:
<<le pene
non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità
e devono tendere alla rieducazione del condannato>>
Ricondurre, però, all'interno di tali istituti la dignità umana è contraddittorio,
in quanto la dignità umana non trae origine dal comportamento
della persona, infatti nel penitenziario il trattamento è il fine di un
cambiamento per il reinserimento nella società.
Ricondurre anche i diritti nel trattamento significa non considerare la loro origine
dalla dignità umana.
Ad alcuni soggetti il trattamento può essere sospeso perché
considerati persone pericolose interne o esterne al carcere.
Lontanza dai cari e condizioni precarie
Alla luce di quanto detto prima, tali individui vengono privati dei diritti
fondamentali tra cui il contatto fisico con i propri cari, la
compressione del diritto di difesa, la non partecipazione ad attività
scolastiche.
Il sovraffollamento rappresenta un punto cruciale nella realtà degli istituti:
all’interno di una cella di un carcere italiano lo spazio è di quattro metri quadrati,
all'interno del quale il detenuto deve lavarsi, cucinare, urinare,
defecare.
Non tutte le carceri italiane gravano in celle di tali
condizioni, ma una parte sì; inoltre in alcuni bagni, all'interno
delle celle non è presente un water, ma bensì la turca e ciò
comporta una violazione dei diritti umani, in quanto l'integrità del
corpo presenta la tutela dei diritti che si fondano sulla dignità della
persona.
I rumori, gli odori, la luce, le dimensioni all'interno di un istituto
penitenziario sono limitati.
I detenuti non possono essere considerati come altri cittadini, in
quanto oltre che essere rinchiusi in attesa di una condanna o di una
soluzione, vivono una realtà che è incompatibile con chi è libero
ed è per questo motivo che la separazione con ciò che è fuori dal
carcere viene vista con nostalgia e paura, desiderio e inquietudine,
contraddizione, aspettative e distanza, ricerca e allontanamento.
Il desiderio più frequente dei detenuti è la comunicazione con chi
è libero
Alcuni detenuti cercano dei tentativi disperati di comunicazione,
come in questo caso, attraverso l'autolesionismo, ma c'è anche chi
non sopportando la carcerazione trova nel suicidio una soluzione,
o ancora c'è invece chi usa il suicidio, senza riuscirci, per
comunicare qualcosa a qualcuno come ultima possibilità.
Questo tentativo di comunicazione è il tentativo di chi senza parola usa il
proprio corpo come una comunicazione di speranza, di fiducia di chi sta scontando la
propria pena e come tale va ascoltata da tutta la società.
Il carcere non è un’istituzione lontana dalla società, ma bensì è dentro la società
stessa e non si può far finta di niente, non si può non prevenire che
grida di dolore non vengano ascoltate.
